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Al Museo della Mail Art
Bruno D'Arcevia, un protagonista dell'arte del Novecento ![]() Ne parlava, infatti, quando doveva riferire, tra le esperienze didattiche, l'esempio di un allievo perfetto e geniale. Ne parlava quando gli serviva un esempio delle possibilità dell' incisione contemporanea. Ne parlava quando s'immetteva nel campo dei percorsi alternativi della pittura di fine Novecento. Ne parlava anche quando pensava alle prospettive della scultura. Nella storia dell'arte di fine secolo in effetti la vicenda di Bruno Bruni è esemplare e significativa, segnando una vita d'artista, come si può pensare che sia o debba essere una vita d'artista. Romantico e alternativo. Radicato e avventuroso. Classico e sperimentale. Creativo e coerente. Elitario e vicino alla gente. Uno, insomma, mentre continua a conversare amabilmente, lascia allibiti osti e grandi chef, direttori di musei e grandi galleristi , quando si mette a creare, con gesto continuo e senza staccare mai la matita o la penna dal frontespizio di un catalogo o dalla tovaglia del ristorante, disegni che sono capolavori da incorniciare subito. Uno che affronta con la stesso piglio ed unità di risultato poetico, un piccolo dipinto e tele enormi. Facendo poi sempre coincidere perfezione formale e ragioni del racconto. Lasciata Arcevia per l'avventura degli studi a Roma aveva, molto presto, in omaggio alle radici, cambiato il cognome per assumere stabilmente quello della sua città. Dunque la firma Bruno d'Arcevia. Allievo di Franco Cannilla al Liceo artistico di Roma, aveva abbandonato la sperimentazione sui laminati plastici, avendo negli occhi e nel cuore i dipinti di Ercole Ramazzani della collegiata di Arcevia. Un richiamo irresistibile. Una vocazione, una scelta con motivazioni, che stanno nella sua mano che corre, immediata, veloce, sicura, magistrale nel disegno. E che stanno e in un cromatismo, che è sempre una tempesta serena, che rende l'immagine un gorgo irresistibilmente attraente. Che stanno, infine, nel flettersi delle immagini ad un vento interiore, il quale rende la materia leggera e dinamica. Con motivazioni critiche, che, agli inizi degli anni Ottanta, trovano spazio critico nel movimento della nuova maniera italiana, con le riflessioni critiche di Giuseppe Gatt, concretizzate da Bruno d'Arcevia, dai suoi allievi ed allieve. Fu, all'epoca, una scossa per la cultura visiva italiana, che s'identificava in toto con la sperimentazione e con l'esercizio, un po' ripetitivo e un po' accademico, dell'astrazione. Le atmosfere da controriforma in cui era vissuto ed aveva operato Ercole Ramazzani, lette in chiave contemporanea e rianimate, da Bruno da Arcevia, indicano perentoriamente gli itinerari di una svolta, di un allontanamento dall'avanguardia, che avrà influssi diretti e indiretti su tanti artisti. Una svolta, che provocherà, comunque un generale ritorno alla pratica della pittura. A questo punto Arte come storia dell'arte recita, nell'intitolazione, perfino la XIII quadriennale di Roma, proponendo in Italia Bruno d'Arcevia come un caposcuola. Poi Art today a Londra, nel 1996, segnala, a livello mondiale, quella che viene definita "la nuova maniera italiana", registrando gli esiti dell'agire pittorico di Bruno d'Arcevia. E' in chiusura degli anni Novanta che Bruno d'Arcevia, con i dipinti nel Santuario di San Francesco da Paola, guadagna uno spazio, certo non marginale, nella storia dell'arte italiana. Ma non basta, perché le mostre di San Francisco e di New York, come quella al Museo Michetti hanno consentito anche le riflessioni, che attengono al tema e al complesso delle espressioni revivaliste. Dunque gli splendidi dipinti allineati al Museo della Mail Art di Montecarotto costituiscono un'occasione di riflessione intorno all'opera di un grande artista contemporaneo, ma, più in generale, anche intorno alle dinamiche affascinanti e coinvolgenti della pittura. Ci vuole tempo per visitare una mostra di Bruno d'Arcevia, perché nessuno può sfuggire all'analisi attenta e meravigliata delle ali dell'angelo, del groviglio dei cavalli, del panneggio di una veste, del paesaggio che sta dietro alla Madonna con bambino benedicente, delle mani affusolate che tengono la spada, del libro aperto, che la realtà non ti offre né così vero né così bello. Da Ramazzani, allievo di Lotto, a Bruno d'Arcevia il percorso è lungo e breve, al contempo. Quanto, al contempo, contradditorio e lineare. In fondo è il percorso della storia di un amore invincibile per la pittura, intesa come strumento per evocare e raccontare, misurare con la fantasia e con la ragione. Pittura per stare, con la ragione nella realtà e nella storia, quanto per lievitare, con la fantasia, fuori di esse.
Carlo Emanuele Bugatti
direttore del Musinf, museo comunale d'arte moderna e della fotografia di Senigallia |