17/08/2018
Mostra annuale dell'autoscatto alla Rocca roveresca: Giorgio Bonomi racconta storia e nuove acquisizioni dell'archivio italiano dell'autoritratto fotografico
Fontana, Maria Mulas, Branzi, Migliori. Grandi e venerati maestri della fotografia e fotografi emergenti, giovani e meno giovani. Tutti a Senigallia le artiste e gli artisti italiani dell'autoscatto. Alla Rocca roveresca fervono i lavori di allestimento per una mostra, che sarà anche l'occasione per l'esordio di un meeting annuale degli artisti italiani dell'autoscatto. A coordinare l'evento, fissato per il 25 agosto alla Rocca roveresca, è il prof. Giorgio Bonomi, direttore della rivista Titolo e autore di due edizioni del libro "Il corpo solitario" ed. Rubettino. Si tratta di autentiche monumentali enciclopedie che registrano lo stato dell'arte nel campo del'autoscatto fotografico. Dal successo di queste pubblicazioni è nato anche il successo dell'archivio italiano dell'autoritratto fotografico. Racconta il prof. Gorgio Bonomi: "Presso il Musinf di Senigallia, diretto dal prof. Carlo Emanuele Bugatti, è stato creato nel 2015 l'Archivio dell'Autoritratto Fotografico. Sin dall'istituzione me ne è stata affidata la cura ed i coordinamento. L'esperienza dell'Archivio si è manifestata subito come un successo e le acquisizioni sono state tantissime e proseguono quasi quotidianamente. Al Musinf di Senigallia si stanno raccogliendo dunque gli autoscatti fotografici degli artisti del nostro tempo, i quali, attraverso la fotografia, hanno messo in pratica le modalità dell'autorappresentazione. Sono già presenti gli autoscatti di circa duecentocinquanta artisti, famosi e meno, giovani e maturi. Comunque tutti "artisti". Per la maggior parte italiani ma con qualche presenza significativa di fotografi stranieri. Per "autoscatto" o "autoritratto" continua Bonomi, "si possono usare molte definizioni, comunque questo, oltre che una tecnica, è anche una poetica. La pratica dell'autoscatto si è enormemente diffusa in tutto il mondo, soprattutto negli ultimi anni, come è testimoniato anche dal larghissimo uso del cosiddetto "selfie" cui l'Archivio, occupandosi di artisti, ovviamente non è interessato poiché è un fenomeno sociologico e non estetico.
L'idea di questa raccolta ha preso spunto dal mio libro Il corpo solitario. L'autoscatto nella fotografia contemporanea, Rubbettino Editore 2012 - è uscito poi nel 2017 un secondo volume ed è in preparazione un terzo, sempre con lo stesso titolo ma ovviamente con autori diversi - in cui compaiono centinaia di qualificate testimonianze di fotografi italiani e stranieri: il volume fu presentato proprio a Senigallia, contemporaneamente ad una mostra nel Palazzo del Duca (3-18 novembre 2012).
Così è maturata la collaborazione tra me e il Musinf che - oltre alla costituzione dell'Archivio cui hanno risposto, e lo stanno facendo ancora come testimoniano le recenti acquisizioni, moltissimi artisti - ha visto la realizzazione di mostre tematiche con opere provenienti dall'Archivio, ad esempio a Roma, Ascoli Piceno, Tortona e al Museo Nori de' Nobili di Trecastelli.
Ebbene, l'artista nell'autoritratto parte dal proprio corpo come elemento primario di sé e, solo con se stesso, ricerca una rappresentazione che può essere "reale" o "possibile", tragicamente data o felicemente ipotizzata. Per "autorappresentazione" si intendono tutte le forme possibili con cui questa può realizzarsi con la fotografia, dall'autoscatto vero e proprio (con il temporizzatore, con la macchina fotografica in mano, con il flessibile, con il telecomando) alla fotografia realizzata da un assistente il cui compito è meramente esecutivo o con le nuove tecnologie (scanner, video ecc.). Inoltre per "autoritratto" si considerano tutte le possibili "autorappresentazioni", dal corpo intero a parti di esso.
È caratteristica dei nostri tempi l'apparizione di un modo nuovo di riflessione sulla propria identità, sul proprio corpo, sulla conoscenza di sé. Finito lo "scandalo", finita la necessità ontologica di un'autodefinizione, l'artista ha cominciato a indagare su se stesso come oggetto di conoscenza, da un lato, e come soggetto di narrazione, dall'altro: la metodologia dell'autorappresentazione è apparsa la più funzionale e la più appropriata per simili operazioni; la stessa componente narcisistica, certamente presente, assume un valore diverso se si legge il mito greco non come esempio di futile vanità (Narciso muore, a seconda delle versioni, affogato o di consunzione, perché innamorato di sé) bensì come esemplificazione dell'operazione del conoscere, cioè il percepire l'altro da sé (ciò che sta davanti al soggetto conoscente) e comprenderlo (che, etimologicamente - dal latino "cum-prehendo" - significa "prendere insieme", "afferrare"), per cui Narciso muore nel tentativo di "afferrare" la sua immagine "riflessa" sull'acqua proprio per conoscere se stesso, cioè con l'"autoriflessione", e si consideri che si può conoscere la parte più significativa del proprio corpo - il volto - solo con lo specchio, che "riflette": con il mito di Narciso si evidenzia che il desiderio di conoscere comporta rischi estremi, fino alla morte, come insegna anche l'altro grande mito sulla conoscenza, l'Ulisse dantesco.
È evidente che in questa odierna società, sempre più spersonalizzata e basata sull'immateriale, il percorso di riappropriazione non può che partire da se stessi e dal proprio corpo: l'autoritratto funziona come "specchio". Molti autoritratti dimostrano, inoltre, come la poetica dell'autorappresentazione non si concentri solo sulla solipsistica conoscenza di sé e ricerca della propria identità, infatti alcuni artisti, al contrario, con la tecnica del travestimento - ironico o drammatico, è lo stesso - mettono in luce l'impossibilità pirandelliana, ma già eraclitea, di una netta definizione di identità, sia nel senso di "io" che di "altro"; altri ancora usano l'autorappresentazione per un discorso narrativo tanto con una sola immagine, quanto con una teoria di sequenze; altri, infine, tentano di esplorare, sperimentalmente, nuove vie e nuovi territori.
Da ultimo, ma a rigor di logica sarebbe la prima domanda, ci si può chiedere: perché proprio la metodologia dell'autorappresentazione? Gli è che, oltre alle motivazioni sopra esposte, questa forma di rappresentazione/espressione permette all'artista di unificare soggetto ed oggetto senza mediazioni e di usufruire di una completa "solitudine" nell'atto creativo. Se, infatti, quando l'artista riprende una realtà altra con la camera fotografica, si ha l'ingranaggio di tre elementi - il soggetto che riprende, la macchina, l'oggetto ripreso - con l'autoscatto il primo e il terzo si unificano quasi fagocitando, per così dire, il secondo. Tutto ciò permette di evitare, almeno a livello concettuale e metodologico, ogni interferenza esterna, positiva o negativa, e l'autore si trova "solitario" e carico di una responsabilità, etica ed estetica, maggiore e con una dose assai più ampia di rischio: ma la sfida in molti casi ha dato risultati assai interessanti, come dimostra questo Archivio che, essendo in fieri, sarà arricchito sempre di più di presenze di artisti e di fotografie, e vedrà periodicamente esposizioni e cataloghi, con tematiche specifiche o nel suo insieme.
Tra gli artisti presenti nell'Archivio più significativi ricordiamo Maria Mulas, Franco Fontana, Aldo Tagliaferro, Mario Giacomelli, di cui il Musinf conserva ed espone in tutto il mondo, tantissime delle opere più famose, Piergiorgio Branzi, Nino Migliori, Stefania Beretta, Luigi Erba, Maurizio Gabbana, Antonio D'Agostino Edoardo Romagnoli, Iginio Sacconi, Brigitte Tast, Miriam Colognesi, Marco Circhirillo, Donatella Spaziani, Francesca Della Toffola ed altri.

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